Oltre 2 milioni di fatture false: così la famiglia (criminale) di Soumahoro truffava lo Stato usando i soldi dei migranti per le loro spese pazze

Da Il Primato Nazionale – Roma, 16 dic – Liliane Murekatete e Marie Therese Mukamitsindo, rispettivamente moglie e suocera del parlamentare ex Verdi-Sinistra Italiana (ora al gruppo misto) Aboubakar Soumahoro, andranno a processo, il quale avrà inizio 24 gennaio.

Lady Soumahoro e suocera rinviate a giudizio

Nella giornata di ieri, il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Pierpaolo Bertone, ha accolto la richiesta della Procura e rinviato a giudizio Murekatete e Mukamitsindo. Insieme alle due donne compaiono i figli di Mukamitsindo Michel Rukundo e Richard Mutangana. Oltre a loro anche Ghislaine Ada Ngongo e Christine Kabukoma Ndyanabo Koburangyira. Tuttavia Mutangana e Koburangyira risultano irreperibili.



Questo è solamente il primo filone dell’inchiesta che ha investito la famiglia di Soumahoro e che ha scoperchiato il vaso di Pandora sulla gestione delle cooperative, attive nel campo dell’accoglienza di migranti, di cui erano a capo (ovvero la Coop Karibù e il Consorzio Aid). Nella fattispecie, questo filone riguarda le accuse di reati fiscali. I sei sono infatti accusati di operazioni contabili irregolari finalizzate a evadere le tasse, con fatture false contestate per un totale di più di 2,3 milioni di euro.

Le altre accuse

Lo scorso 30 ottobre Murekatete e Mukamitsindo erano, invece, finite ai domiciliari per le accuse di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) e autoriciclaggio nell’ambito della gestione delle cooperative. Nel mirino dell’inchiesta quello che, nelle informative della polizia giudiziaria, veniva definito come un “collaudato sistema fraudolento fondato sull’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti e altri costi inesistenti”.



Il tutto non solo per evadere il fisco, ma anche per “giustificare, in sede di rendicontazione, la richiesta di finanziamenti alla Direzione centrale del sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati”. Un meccanismo che avrebbe permesso loro di appropriarsi di quasi due milioni di euro di fondi pubblici destinati alla gestione dei migranti e usarli al contrario per alimentare le proprie spese pazze, tra acquisti di lusso, viaggi, e investimenti in Ruanda.

Michele Iozzino

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