Trump contro gli immigrati: “Avvelenano il sangue americano”, poi elogia Putin e Orban. L’attacco a Biden: “Un pericolo per la democrazia”

Da Il Giornale – A un mese dall’inizio della lunga stagione delle primarie (si parte il 15 gennaio coi caucus in Iowa), Donald Trump alza l’asticella della retorica e sconfina in un terreno insidioso, perfino per i suoi standard. Parlando in un comizio a Durham, in New Hampshire, seconda tappa delle primarie il 23 gennaio, il tycoon si è lasciato andare ad una serie di affermazioni incendiarie.

Gli immigrati che «da tutto il mondo» si riversano in America «stanno avvelenando il sangue del nostro Paese», ha detto parlando della crisi al confine col Messico. In un Paese dove l’argomento «sangue», facilmente assimilabile a quello di «razza», è un tabù nel linguaggio pubblico, le parole di Trump hanno subito fatto scattare l’accostamento con i vari gruppuscoli del suprematismo bianco, che spesso insanguinano l’America.



Trump si è poi lanciato nell’elogio dei suoi leader stranieri preferiti. Nell’ordine, Vladimir Putin: «Perfino lui ha detto che Joe Biden è un pericolo per la democrazia»; Viktor Orban: «È molto rispettato, ha detto che sono l’unica speranza dell’Occidente»; Kim Jong Un: «Una brava persona». Questo, mentre Cnn e New York Times stanno rilanciando in questi giorni la vicenda del Russiagate.

Secondo le inchieste giornalistiche, negli ultimi caotici giorni del tycoon alla Casa Bianca sarebbe sparito un faldone contenente rapporti dell’intelligence Usa e Nato sulle interferenze russe a favore di Trump nel voto del 2016. Il dossier non compariva nemmeno nei documenti top secret recuperati dall’Fbi a Mar-a-Lago. La Casa Bianca ha risposto alle ultime sparate di Trump accostando l’ex presidente a Hitler.



E sembra questo ormai il copione dei mesi che separano l’America dal probabile rematch tra Trump e Biden: da un lato, l’esasperazione dei toni, per compiacere i duri e puri «Maga» che costituiscono la sua base; dall’altro, il richiamo ai rischi per la democrazia rappresentati da una vittoria del tycoon. Trump non si è ancora pronunciato sul compromesso che inevitabilmente la parte più dialogante dei Repubblicani e i Democratici dovranno raggiungere al Congresso nelle prossime settimane, per sbloccare i fondi per l’Ucraina (e per Israele), in cambio di un inasprimento delle politiche anti immigrazione.

È molto probabile che, quando verrà raggiunto l’accordo, il tycoon tuonerà con durezza contro entrambi. L’inasprimento del linguaggio serve a Trump non solo per distogliere l’attenzione dai sui guai giudiziari (quattro processi penali e 91 capi di imputazione), ma anche per mantenere alta la soglia di attenzione del suo elettorato. Paradossalmente, l’ex presidente rischia di essere penalizzato proprio dall’ampio margine di cui gode nei sondaggi. Lo hanno spiegato ai media Usa gli strateghi della sua campagna, preoccupati che i supporter trumpiani, facendo affidamento sul vantaggio del loro candidato, non si rechino a votare.

E se in Iowa il tycoon sembra non correre rischi grazie al meccanismo dei caucus, in New Hampshire si rafforza la posizione di Nikki Haley. L’ex governatrice della South Carolina ha incassato l’endorsement del governatore dello Stato, Chris Sununu, mentre l’ultimo sondaggio di Cbs News la accredita di un 29 per cento dei consensi tra gli elettori Gop, a 15 punti di distanza da Trump. Un distacco ancora molto ampio, ma che comunque fa di Haley la più forte degli sfidanti, con Ron DeSantis fermo all’11 percento, appena un punto sopra Chris Christie.

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