L’ex presidente Giorgio Napolitano in fin di vita: il comunista anti Berlusconi si è aggravato nella notte, condizioni critiche

Da Il Giornale – Se quasi dieci anni di regno vi sembrano pochi. Il presidente dei record, del ribaltone anti Cav, degli scontri con la magistratura, dei poteri dilatati. Molto odiato, molto amato, per niente banale.

Primo del Pci a ottenere il visto americano, primo comunista al Quirinale, primo ad inchinarsi sulla tomba di Nagy a Budapest, primo capo di Stato ad essere rieletto, primo a subire un interrogatorio dai pm di Palermo.



Adesso sono ore di ansia per King George, appeso a un filo. Giorgio Napolitano, ricoverato da tempo in una clinica romana, da qualche mese presenta, come spiegano i medici che lo hanno in cura, «un quadro generale particolarmente complesso» e da un paio di giorni si è aggravato. E «nelle ultime ore la situazione si è ulteriormente complicata».

L’ex capo dello Stato, 98 anni compiuti a giugno, oltre all’età ha alle spalle una storia sanitaria piuttosto lunga. Già nel 2013, al termine del primo mandato, era pronto a lasciare il Quirinale. Troppi impegni, troppa fatica, acciacchi sparsi: gli sembrava impossibile continuare a restare sul Colle, nonostante la tempesta perfetta che stava sconvolgendo la politica italiana.



Un voto senza vincitori, i partiti divisi, nessuna maggioranza per mettere in piedi un governo e pure nessun accordo sul nome di un altro presidente della Repubblica. Romano Prodi e Franco Marini, impallinati in rapida successione da un centinaio di franchi tiratori del Pd, mentre i Cinque stelle si erano cristallizzati sulla candidatura senza sbocco di Stefano Rodota’.

Niente premier, niente capo dello Stato. Sistema in blocco. Il tanto temuto e dibattuto ingorgo istituzionale si era verificato e il Paese sembrava davvero ingovernabile, senza nemmeno un presidente in carica che potesse sciogliere le Camere e rimandare gli italiani alle urne. Come uscirne? Serviva un ripensamento di re Giorgio, che però aveva già superato i novant’anni e per motivi di salute non intendeva rimanere. Non c’era appuntamento o discorso in cui non mettesse a verbale la sua indisponibilità a un secondo mandato. Ma era l’unica strada praticabile.

Mancava un particolare, il via libera dell’interessato. Per convincerlo, i leader delle principali forze di centrodestra e di centrosinistra salirono sul Colle chiedendogli «un ulteriore sforzo» in nome dell’interesse generale. Napolitano accettò a due condizioni. La prima, che nascesse un esecutivo di unità nazionale con lo scopo principale di fare le riforme, con un ampio voto parlamentare di fiducia: e infatti, tre giorni dopo un veemente discorso di re Giorgio alle Camere riunite, Enrico Letta si insediò a Palazzo Chigi.

La seconda condizione, più riservata, riguardava la durata del secondo incarico. Guardate, aveva spiegato, io non potrò restare per l’intero settennato. Così un anno e mezzo dopo, il 14 gennaio 2015, si dimise. Napolitano, che era stato il presidente più anziano della storia italiana, il terzo nel mondo, il primo ad essere eletto due volte, trasferì i suoi uffici a Palazzo Giustiniani continuando da emerito a seguire la politica e a dire la sua. Interventi, colloqui, discorsi al Senato, consigli al suo successore Sergio Mattarella su come affrontare e gestire le ricorrenti crisi.

Ma la salute cominciava a traballare. Nel 2018, dopo un improvviso malore, era stato ricoverato in gran fretta all’ospedale San Camillo dove il professor Francesco Musumeci lo aveva sottoposto a un difficile intervento per la dissecazione dell’aorta. Giorni critici, con l’ex presidente in bilico tra la vita e la morte, però in quell’occasione «grazie alla sua forte fibra» Napolitano riuscì a guarire.

Più o meno la stessa cosa accadde il 21 maggio del 2022, quando King George fu operato d’urgenza all’addome allo Spallanzani. Due ore sotto i ferri, nove giorni di convalescenza prima del ritorno a casa. «Ha tempra e coraggio da vendere», il commento del medico, Giuseppe Maria Ettorre, specialista in chirurgia oncologica. Ed è proprio alla «fibra» e alla «tempra» che i familiari ora si affidano.

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