Zelensky in gita a Washington per chiedere soldi e aiuti militari: “I ritardi con i rifornimenti sono un assist per Putin”

Da Il Giornale – La battaglia che Volodymyr Zelensky affronta oggi non è meno cruciale di quelle che il suo esercito sta affrontando in patria, e le barriere innalzate dai Repubblicani al Congresso sono al momento non meno formidabili delle trincee allestite dalla truppe russe.

Il presidente ucraino compie la sua terza visita nella capitale Usa dall’inizio della guerra nel momento più basso del consenso al sostegno americano. Un sentimento che aleggia non solo a Capitol Hill, ma più in generale nell’opinione pubblica.



Un sondaggio del Financial Times rileva che quasi la metà degli elettori americani (il 65% tra i Repubblicani) ritengono che gli Stati Uniti abbiano già speso troppo per l’Ucraina. A pesare nel giudizio è anche il mancato successo della controffensiva lanciata in estate, che secondo un retroscena del Washington Post sarebbe stata compromessa da errori strategici e divisioni tra i vertici militari Usa e ucraini.

«Al presidente Joe Biden e al Congresso dirò quali risultati possiamo raggiungere l’anno prossimo a partire dai risultati ottenuti quest’anno», ha detto Zelensky, anticipando il contenuto dei suoi incontri alla Casa Bianca e con i leader di Capitol Hill.



La platea era quella della National Defense University di Washington, presenti il capo del Pentagono Lloyd Austin e il nuovo capo degli Stati Maggiori Riuniti, Charles Q. Brown. Un intervento nel quale ha cercato di sottolineare i successi sul campo – «abbiamo riconquistato il 50% dei territori» e «nel Mar Nero la Russia è stata sconfitta» – e mettere in guardia il Congresso: «I ritardi fanno il gioco di Putin».

Difficile che questo possa bastare per convincere il nuovo speaker Mike Johnson e i Repubblicani a mollare la presa su Biden, che ha voluto il leader ucraino nuovamente a Washington (la visita è stata finalizzata venerdì), dopo che il suo ultimo appello per sbloccare i fondi per Kiev era caduto nel vuoto. Perfino al Senato, dove il consenso bipartisan si era sempre mantenuto alto, il Gop ha imposto lo stop ed è difficile che il nodo politico venga risolto prima della pausa natalizia.

L’amministrazione Biden ha presentato al Congresso una richiesta complessiva per 110 miliardi di dollari, di cui 61,4 miliardi per Kiev e il resto per Israele e altre priorità di sicurezza nazionale. I Repubblicani chiedono lo scorporo dei vari finanziamenti e, soprattutto, vogliono in cambio una svolta radicale nel contrasto all’immigrazione illegale dal confine col Messico. Richieste che Biden non può accettare, senza rischiare di perdere per strada un altro pezzo del suo elettorato progressista, già deluso dall’appoggio Usa a Israele.

Ma i numeri parlano chiaro: senza nuovi fondi (finora sono stati spesi 111 miliardi), i soldi per Kiev finiranno nel giro di poche settimane. In tutto sarebbero rimasti circa 2 miliardi, di cui uno destinato a intelligence e sistemi di sorveglianza.

La Casa Bianca ha comunque annunciato un nuovo pacchetto di aiuti «entro fine mese». Potrebbero essere gli ultimi. A complicare la missione di Zelensky, la notizia che la Heritage Foundation, importante think tank conservatore, ha organizzato negli stessi giorni un incontro con esponenti dell’ambasciata e del governo ungheresi per discutere dello stop dei fondi Usa a Kiev.

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