Un’altra storica sentenza a Padova: il tribunale obbliga a risarcire un’infermiera non vaccinata sospesa da Speranza

Da ByoBlu – Già sospesa perché non vaccinata, poi reintegrata dopo il tampone positivo e la guarigione, un’infermiera veneta viene nuovamente lasciata a casa una volta scaduto il green pass. La sua storia è simile a quella di molti altri lavoratori: esclusi dalla società e privati della dignità semplicemente perché non vaccinati.

Ad oggi però, il Tribunale di Padova ha condannato l’Azienda sanitaria Euganea a risarcire tutti gli stipendi arretrati. Si tratta di un precedente importante, che potrebbe segnare il destino anche di altri medici e infermieri sospesi.



Ad occuparsi del processo sono stati gli avvocati di CDU, il Comitato diritti umani, che da tempo è in prima linea nel difendere i cittadini dalle violazioni dello Stato. Il presidente Chiara Pernechele e l’ex presidente Francesco Maracino festeggiano, anche se la vittoria riguarda motivi procedurali e non di merito.

Rimanendo coerente alla controversa pronuncia della Corte Costituzionale, che ha dichiarato legittima la sospensione da lavoro per i non vaccinati, il Tribunale di Padova ha sì ordinato il risarcimento, ma per un mancato accertamento.



La sentenza del Tribunale di Padova

L’ospedale aveva lasciato a casa e senza stipendio l’infermiera, per la seconda volta, senza accertarsi che questa fosse effettivamente priva di green pass.

“La sospensione è illegittimità – si legge nella sentenza – perché disposta senza il previo accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale: l’infermiera, infatti, era stata sospesa due volte, una prima volta per mero inadempimento dell’obbligo vaccinale, nell’ottobre 2021, e una seconda volta a seguito della guarigione, nella primavera del 2022, nonostante la revoca della prima sospensione e nonostante nessuno avesse accertato nuovamente l’inadempimento”.

È un particolare che pare banale e forse anche incoerente rispetto alla gravità della questione, ma che risulta importante per chiunque voglia essere risarcito degli stipendi arretrati. Tale sentenza va infatti a sostenere la tesi secondo cui una persona immunizzata non avrebbe dovuto essere costretta a sottoporsi ad alcuna vaccinazione.

“Un altro profilo di illegittimità riguarda il termine entro il quale i guariti devono vaccinarsi, se entro 3 o entro 6 mesi dalla guarigione – scrivono gli avvocati – l’azienda, invece di comunicare un termine preciso, sospende la dipendente de plano non tenendo così un comportamento secondo buona fede”.

Quindi vittoria: tutti i provvedimenti di sospensione verranno annullati e così l’infermiera risarcita.

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