Il ministro Calderone: “Il Reddito M5S è costato agli italiani 25 miliardi di euro in 3 anni. Non ha abolito la povertà ma ha tolto…”

Da Il Giornale – Da giorni la sinistra prova a ottenere credibilità gettandosi in un pianto da coccodrillo in seguito alla decisione del governo di mettere la parola fine al reddito di cittadinanza.

Ma il fronte rosso sfugge a due osservazioni del caso: lo stop non riguarda tutti e chi versa davvero in condizioni di grandi difficoltà verrà ulteriormente sostenuto; gli effetti della misura in questi anni si sono rivelati un autentico flop. Ecco perché Marina Elvira Calderone ha smontato lo strumento e tutte le balle raccontate dalla sinistra.



Il flop del reddito di cittadinanza

Il ministro del Lavoro, nell’intervista rilasciata a La Stampa, ha confermato ancora una volta che l’esecutivo è determinato nel percorrere il sentiero previsto dalla legge approvata il Primo maggio. In sostanza l’intento è quello di ripensare tutto il sistema perché il combinato disposto tra l’eccessivo costo e le negative conseguenze rende indispensabile mettere mano al reddito di cittadinanza. “Il Rdc è costato agli italiani 25 miliardi di euro in tre anni“, ha tuonato.

Per Calderone non va preso in considerazione solamente l’aspetto economico, che già di per sé basterebbe per interrogarsi a fondo sul sussidio partorito dal Movimento 5 Stelle pensando di abolire la povertà. Ad essere abolite per molti sono state invece le speranze di trovare un lavoro, come fatto notare dal titolare del dicastero del Lavoro: “Non ha prodotto i risultati attesi, né in termini di riduzione della povertà né in termini di accompagnamento al lavoro“.



E allora per quale motivo la sinistra porta avanti il teatrino della disperazione? La risposta è scontata: ai fini propagandistici. Poco importa se poi qualcuno si spinge fino alle minacce di morte verso il presidente Giorgia Meloni. A impressionare, ma in fin dei conti non più di tanto, è il falso stupore della galassia rossa: si fa presto a parlare di “bomba sociale“, ma va ricordato che è stata la gran parte degli italiani che – con il voto nell’urna – il 25 settembre 2022 ha bocciato le ricette di Partito democratico e Movimento 5 Stelle promuovendo invece quelle del centrodestra. Che adesso giustamente sta dando seguito al mandato popolare ricevuto.

Il “no” al salario minimo

La fine del reddito di cittadinanza era nota almeno da ben sette mesi, quando in legge di Bilancio era stata inserita una norma ad hoc. La sinistra è impegnata nell’offrire soluzioni strampalate, come ad esempio quella relativa al salario minimo. Un atteggiamento che però fa sorgere una domanda: se è un argomento così importante perché i vari governi rossi del passato non l’hanno stabilito a livello nazionale? Eppure ne avrebbero avuto la possibilità.

Al di là di questa considerazione c’è un altro aspetto di rilievo: una misura del genere rischia di essere un boomerang, visto che potrebbe spingere verso il basso i salari e in alcuni casi favorire il sommerso. Anche per questo motivo Calderone ha sostenuto che il lavoro povero va combattuto “con la buona contrattazione e investendo sulla produttività“. E non con i facili slogan della sinistra.

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