Il generale Mazzaroli: “La maggioranza silenziosa sta con Vannacci e con lui ora ha più voce. Mattarella? Allergico al pensiero difforme”

Da Il Giornale – Un alpino, un esule istriano nel cuore, un patriota. Sono le parole che descrivono nel modo migliore Silvio Mazzaroli. Generale in congedo dopo una lunga carriera dal Mozambico al Kosovo, dove fu silurato per avere detto la verità, non ha peli sulla lingua sul «Mondo al contrario» del generale Vannacci e tira fuori qualche sassolino nella scarpa.

Lei ha letto libro delle polemiche. Cosa ne pensa?



«Sì, in tre giorni. Direi che si tratta di un testo stimolante, interessante e improntato, come sostiene l’autore, sul buon senso. Ho trovato solo argomentazioni lecite, accettabili e per lo più ben documentate a sostegno di un modo di pensare che sento anche mio e, ritengo, di quella maggioranza silenziosa, ma autolesionista, che colpevolmente quasi mai fa sentire la propria voce».

Alcuni passaggi sui gay, Paola Egonu, sull’odio non sono troppo esagerati e provocatori?



«Evidentemente per qualcuno è così. Personalmente ho trovato i toni dell’autore decisi e inequivocabili, ma non direttamente offensivi per chicchessia. Sono uno sportivo e avrei evitato di citare Egonu soprattutto perché ormai sono molti i giovani di colore che tengono alto nello sport il prestigio italiano. Dovendo indicare un personaggio di colore poco rappresentativo della gente italica avrei citato il noto parlamentare con gli stivale infangati Aboubakar Soumahoro».

Si aspettava che diventasse un best seller in termini di vendite?

«Inizialmente no e sono convinto, stante la scarsa propensione alla lettura degli italiani, che a decretarne il successo commerciale siano state più le polemiche ingenerate dalla sua uscita».

Non era meglio pubblicare Il mondo al contrario una volta in congedo?

«Sinceramente l’ho pensato anch’io. Tuttavia, se pubblicato in congedo non avrebbe suscitato lo stesso scalpore e probabilmente solo pochi amici lo avrebbero letto. Sarebbe stato un peccato. Che se ne parli non mi dispiace affatto poiché anch’io sono insofferente rispetto al politicamente corretto e al pensiero unico che molti in effetti, come evidenziato nel libro, un’esigua minoranza si danno da fare per imporre a chi la pensa diversamente. Se un giorno Vannacci dovesse farsi promotore di un Normality pride day avrà la mia adesione».

Come giudica la reazione al libro della politica?

«La reazione della sinistra, arcobaleno e non solo, è stata quella di gridare allo scandalo. Tutto assolutamente prevedibile e scontato. Invece mi hanno sorpreso i distinguo emersi nell’attuale compagine di governo. Non può infatti sfuggire a nessuno che molte delle posizioni sostenute dall’autore sono le stesse di Fratelli d’Italia, Lega e di cui si trova traccia anche nel libro della premier Meloni Io sono Giorgia, che pure ho letto ed apprezzato».

Senza mai citare Vannacci, pure il presidente Mattarella ha stigmatizzato i contenuti del libro. Cosa ne pensa?

«La mia impressione, in questa come in altre plurime circostanze, è che il presidente Mattarella sia piuttosto incline al politicamente corretto e alquanto allergico ad ogni pensiero difforme dal suo modo di vedere e interpretare le cose».

Per aver parlato chiaro in Kosovo lei è stato silurato. Cosa è successo?

«Agli inizi del 2000, quando ero vicecomandante di Kfor (il contingente Nato, ndr), sono incorso in dinamiche non molto diverse da quelle attraversate dal collega Vannacci. Per avere affermato che dietro al meritorio impegno dei nostri militari non si avvertiva il supporto del sistema Paese e per aver rivolto ad alcuni contingenti di diversa nazionalità critiche in merito al loro modo di fare e alla cura dei propri specifici interessi, sono stato rimosso con immediatezza dal mio incarico.

A volere la mia testa era stato, come ho scoperto molti anni dopo, l’allora ministro della Difesa Sergio Mattarella. Quello che avevo da dire a riguardo l’ho scritto nel mio libro Una vita con il Cappello Alpino, edito da Aviani, pubblicato dopo oltre 10 anni dal congedo».

Cosa aveva da dire?

«Mattarella riferì in Parlamento che si era trattato di una decisione autonoma dei vertici militari, cosa di cui ho fondati motivi di dubitare. Il Capo di Stato maggiore, generale Mario Arpino, che fu incaricato ufficialmente di comunicarmi la destituzione, in realtà il 6 aprile 2000 mi scrisse privatamente una lettera con la quale si complimentava per come mi ero comportato e mi additava ad esempio. Ritengo pertanto che la decisione l’abbia subita e non promossa».

Vannacci si è messo a rapporto dal ministro della Difesa. Come giudica l’atteggiamento di Crosetto?

«Il ministro si è detto disposto ad ascoltarlo. Mi sembra corretto. A deludermi, invece, è stata la reazione a caldo di Crosetto, che di fatto ha dato seguito a quanto chiesto dalle forze d’opposizione alienandosi parte della mia precedente stima e, temo, di parecchi elettori dell’attuale governo».

Dopo il caso Vannacci l’Esercito ha annullato, con una scusa, la festa del Col Moschin, il reggimento degli incursori. Poi Crosetto è intervenuto. I vertici militari sono succubi del politicamente corretto?

«Se Crosetto è intervenuto per far rispettare la tradizione mi fa piacere. Il fatto comunque dimostra una certa sudditanza di taluni vertici militari che, usi ubidir tacendo ma anche inclini a prendere posizione per salvaguardare, se non la poltrona, quantomeno il loro quieto vivere, talvolta addirittura anticipano e travalicano la volontà politica».

Se Vannacci decidesse di scendere in politica avrebbe un seguito anche fra i militari?

«La nostra società sta soffrendo per quella che Vittorio Sgarbi ha recentemente chiamato la dittatura della diversità e che il filosofo francese Jean Francois Braunstein ha tratteggiato nel suo libro La religion woke. Si tratta di una moda che, nata negli Stati Uniti ed abbracciata acriticamente dalle frange più progressiste del Vecchio Continente, sta sovvertendo la storia, i valori, la cultura e le tradizioni del mondo occidentale.

Un modo di vedere le cose che per la sua pervicace invasività sta iniziando a stancare tutti coloro che la pensano diversamente e, fortunatamente, a provocare reazioni in senso opposto. L’accento deve essere posto sulla parola anche della domanda. Credo che a dare credito a Vannacci, in caso di coerente discesa in politica, saranno molti italiani».

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