I Paesi dell’Unione Europea costretti a buttare i vaccini per un valore di 4 miliardi di euro: ennesimo disastro di Von der Leyen

Da ByoBlu – La campagna di vaccinazione contro il Covid organizzata dall’Unione europea può essere riassunta con una sola parola: disastrosa.

I messaggi cancellati tra Bourla e von der Leyen

Su Byoblu abbiamo infatti fin da subito messo in risalto la scarsa trasparenza utilizzate dalle istituzioni europee per la sottoscrizione dei contratti di acquisizione dei vaccini con le case farmaceutiche.



2,3 miliardi di dosi ad un costo di 19,50 a fiala, per un totale di quasi 45 miliardi di euro è la cifra che l’Unione europea si è impegnata a pagare, con i soldi dei contribuenti, alle case farmaceutiche attraverso una chat whatsapp, che è stata poi cancellata.

Ursula von der Leyen ha infatti chiuso la trattativa direttamente con l’amministratore delegato di Pfizer Albert Bourla attraverso l’app di messaggistica, impegnando così i Paesi membri. Alla richiesta di chiarimenti fatta ufficialmente sia dai parlamentari europei che dalla mediatrice Emily O’Reilly, von der Leyen e Bourla hanno sempre risposto con il silenzio. E ora un altro tassello si aggiunge a questa storia fatta di scarso rispetto per le istituzioni democratiche.



200 milioni di dosi buttate per 4 miliardi di euro

Secondo una ricerca fatta dal quotidiano statunitense Politico i Paesi dell’Unione europea avrebbe distrutto dosi di vaccino anti Covid per un valore totale di 4 miliardi di euro. Questo significa che l’8% delle dosi acquistate nel 2021 attraverso la chat whatsapp di Ursula von der Leyen sono andate sprecate e così i soldi di tutti i contribuenti europei. Si tratta di circa 200 milioni di dosi di vaccino, anche se i giornalisti di Politico parlano di stime decisamente al ribasso e che si fermano ad alcuni mesi fa.

Perché nel frattempo la campagna vaccinale è andata avanti senza particolare entusiasmo e partecipazione dei cittadini e il numero delle dosi buttate nel cestino potrebbe essere ulteriormente aumentato. Andando poi a vedere nello specifico i singoli Paesi, il primato per numero di dosi sprecate è della Germania, con 83 milioni, quasi una dose per abitante. In questa penosa classifica l’Italia conquista addirittura la medaglia d’argento, con 49 milioni di dosi finite nella pattumiera, circa 0,83 dosi per abitante e per uno spreco di soldi dei contribuenti italiani pari a 955 milioni di euro.

Se fai come dice Pfizer finisci in tribunale

Una situazione paradossale che tuttavia trae origine dalla modalità per nulla trasparente con cui von der Leyen ha deciso di chiudere le trattative per i contratti di acquisto. Tra le clausole imposte dalle compagnie farmaceutiche c’era infatti quella di obbligare i Paesi europei a non rivendere a terzi le dosi in eccesso.

E così gli Stati europei si sono trovati sommersi di lotti di vaccini inutilizzati e invendibili ed è questo probabilmente uno dei motivi per cui è stato introdotto l’obbligo di vaccinazione per diverse categorie di persone: un modo per far fuori quante più dosi possibili ormai pagate. Sappiamo infatti che il mancato rispetto delle clausole contrattuali ha portato a delle conseguenze pesanti: per gli Stati: Polonia e Ungheria si sono rifiutate di pagare per avere nuove dosi e per questo sono state trascinate in tribunale dalla Pfizer.

D’altronde la consegna a Paesi terzi dei vaccini è vista come fumo negli occhi dalle compagnie, perché non garantirebbe il guadagno. Per l’Africa Big Pharma sta infatti portando avanti un altro progetto, sempre, guarda caso, con l’aiuto di Ursula von der Leyen. Mentre Politico denunciava i disastri europei con i vaccini, von der Leyen annunciava con entusiasmo l’avvio del programma Biontech Africa.

Si tratta della costruzione di laboratori della multinazionale americana in Sudafrica, Senegal e Ruanda dedicati alla produzione dei vaccini. Un’iniziativa che vede l’investimento di Unione europea e Unione africana, cioè dei loro contribuenti per 1 miliardo di euro in favore delle case farmaceutiche. Eppure in Africa Big Pharma non gode di buona fama come ha testimoniato in esclusiva ai nostri microfoni Kemi Seba, uno dei leader del movimento panfricanista.

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