Hiroshima, 78 anni dopo il disastro atomico: quando per la prima volta gli USA esportarono la “democrazia”, oggi come ieri

Da ByoBlu – 6 agosto 2023sono passati 78 anni dal bombardamento atomico della città giapponese di Hiroshima. Il penultimo ordigno atomico usato nella storia dell’uomo, l’ultimo è stato infatti impiegato tre giorni dopo a Nagasaki, entrambi portavano la firma degli Stati Uniti.

Oltre alla doverosa memoria di 200mila civili polverizzati dall’esplosione e poi deceduti a causa delle radiazioni, la distruzione di Hiroshima deve essere il punto di partenza per una riflessione sul sistema di diritto internazionale creato dopo la Seconda Guerra Mondiale.



Il peccato originale dell’ordine mondiale americano

Perché quel bombardamento è stato il peccato originale, l’anticamera di tutto quello che è venuto dopo: un ordine mondiale autoreferenziale, arrogante e basato esclusivamente sul rapporto di forza impari tra le potenze uscite vincitrici dal conflitto e il resto del mondo. In quest’ottica il cosiddetto diritto internazionale non è stato altro che uno strumento preso e deformato a seconda dell’occorrenza per gli interessi di Stati Uniti e Unione Sovietica prima, e della sola Washington poi.

Nella storia di Hiroshima tutto questo è stato condensato in poco tempo: la pretesa di imporre una resa senza condizioni al nemico, la volontà di mettere la propria bandierina sul Giappone prima che lo facesse l’Unione Sovietica, l’utilizzo spregiudicato di armamenti contro la popolazione civile, il tutto condito da un’assoluta impunità.



La propaganda statunitense

Per anni gli Stati Uniti hanno divulgato la loro verità sui fatti: le bombe nucleari su Hiroshima e Nagasaki erano necessarie per evitare il prolungamento della guerra e nuovi morti. Una narrazione già priva di fondamento senza nemmeno l’onere della prova storica: quale senso può avere infatti provocare con certezza 200mila morti subito per evitarne invece un numero ignoto in un futuro incerto?

Nemmeno la storia è poi riuscita a giustificare la propaganda americana. Dalle conversazioni rese pubbliche tra l’allora Presidente americano Harry Truman e il suo ministro della guerra Harry Stimson risulta come la scelta di utilizzare l’ordigno atomico fosse dettata sostanzialmente dalla volontà di dimostrare la propria forza all’Unione Sovietica. Non solo. Il fatto che il 9 agosto Stalin abbia dato inizio all’invasione della Manciuria giapponese, dimostra come gli Stati Uniti avessero fretta di prendersi il Giappone prima dell’arrivo dell’Armata Rossa. Le stesse dinamiche che qualche mese prima si erano viste intorno a Berlino.

L’indifferenza verso la sorte dei civili

Dagli stessi documenti emerge poi come tra Presidente e Ministro non ci fosse alcun interesse sugli effetti della bomba sulla popolazione civile. Già nel ’45 per la politica americana le morti civili erano classificate come danni collaterali, accettabili ai fini dell’obiettivo. La stessa brutalità asettica testimoniata diversi decenni dopo nel materiale divulgato da Julian Assange, che vede protagonisti di massacri di civili sempre loro: gli Stati Uniti.

“Se i tedeschi avessero gettato bombe atomiche sulle città al posto nostro, avremmo definito lo sgancio di bombe atomiche sulle città come un crimine di guerra e avremmo condannato a morte i tedeschi colpevoli di questo crimine a Norimberga e li avremmo impiccati”, ebbe a dichiarare Leó Szilárd, fisico americano collega di Einstein all’interno del progetto Manhattan.

Impunità totale

E infatti come nel consueto stile a stelle e strisce al crimine conclamato non è mai stata corrisposta alcuna pena. Truman e Stimson, i principali sponsor dell’atomica su Hiroshima, sono morti da eroi e addirittura nella pagina Wikipedia di quest’ultimo si può leggere che: “dimostrò tutto il suo valore ed ebbe una parte importante nell’andamento delle operazioni”.

Per non farsi mancare nulla il pilota dell’aereo che sganciò la bomba su Hiroshima, Paul Tibbets, venne persino promosso dopo la guerra, morendo poi alla veneranda età di 92 anni. “Abbiamo i sentimenti, ma dobbiamo metterli da parte. Sapevamo che avremmo ucciso persone a destra e a manca, ma il mio unico interesse era di fare il migliore lavoro possibile”, questo il pensiero di Tibbets, parole perfettamente sovrapponibili alle tante confessioni rilasciate dai gerarchi nazisti durante il processo di Norimberga.

E ancora oggi Washington guarda con estremo distacco la ricorrenza della distruzione di Hiroshima. Con molta calma, solo nel 2016, per la prima volta un Presidente americano, in quel caso Obama, si è recato in Giappone in occasione della commemorazione. Una visita prettamente turistica visto che Obama non fece alcun mea culpa, come se la bomba nucleare fosse arrivata così per caso dal cielo.

Quello che è stato il peccato originale americano ne è poi diventato il tratto distintivo in tutti i teatri di guerra aperti fino ad oggi: Corea, Vietnam, America Latina, Iraq, Somalia, Serbia, Afghanistan, Libia, Siria. L’unica speranza che può arrivare dalle ceneri di Hiroshima è quella di un nuovo ordine senza più il suo ingombrante padrone.

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